L’evoluzione recente del mercato alimentare interno rappresenta lo specchio delle criticità del Paese. La flessione senza precedenti delle vendite alimentari in quantità, pari a 8,1 punti nel biennio 2022/23, è un fenomeno che sui media non è stato colto nella sua gravità. Esso ha colpito un mercato che sembrava (ed era) inossidabile e anticiclico da sempre. E continua a colpire, con gli ultimi dati delle vendite alimentari che indicano un tendenziale del -1,3% in volume nei primi cinque mesi 2024. È vero che la produzione dell’industria alimentare in qualche modo ha retto, col +1,2% del 2022, il -1,6% del 2023 e il +1,2% dei primi cinque mesi 2024. Ma il sostegno è venuto solo dall’export, e comunque esso non ha evitato l’interruzione del passo espansivo attorno al +1% annuo tenuto solidamente dalla produzione del settore da inizio secolo fino al 2021.
Effetto prezzi e inflazione hanno ridotto la capacità di acquisto
La realtà è che la crescita dei prezzi alimentari al consumo pari al +8,8% nel 2022 e al +9,8% nel 2023, a fronte di tassi d’inflazione paralleli dell’8,1% e del 5,7%, ha tagliato le gambe ai consumatori. Un bene primario come il cibo è stato travolto dall’effetto prezzi. Mentre il perimetro non alimentare ha subito spinte di prezzo inferiori e una contrazione quantitativa delle vendite nel biennio (non a caso) nettamente inferiore, pari a 1,6 punti, di fronte ai citati 8,1 punti dell’alimentare. Significa in sostanza che la capacità di acquisto del consumatore nazionale è sul filo del rasoio, è sensibilissima al fattore prezzi e non ha riserve in cascina cui attingere.
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Responsabile Ufficio Studi, Mercato e Ufficio Stampa di Federalimentare
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