Garantire la sicurezza alimentare aumentando la produzione di grano, assicurandone la qualità proteica e riducendo le emissioni di gas serra generate dalla sintesi industriale dell’azoto presente nei fertilizzanti industriali. Sono le sfide di PanWheatGrain, progetto di ricerca PRIN coordinato dall’Università di Bologna con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari.
“Dai cereali proviene la parte preponderante del nostro fabbisogno calorico, sia come fonte alimentare diretta, attraverso ad esempio pane, pasta, biscotti, sia in maniera indiretta, sotto forma di carne, uova, latticini, eccetera, la cui produzione, richiede, seppur indirettamente, grandi quantità di mangimi a base di cereali”, spiega Roberto Tuberosa, docente di Genetica agraria e coordinatore del progetto, ora allargatosi operativamente a dieci rilevanti partner stranieri otre agli originali cinque fondatori italiani. “È facile quindi comprendere perché in questo secolo, a fronte del previsto aumento della popolazione a livello globale ed un maggior consumo pro capite di proteine animali, occorrerà incrementare sensibilmente la produzione di cereali, abbattendo però le emissioni di gas serra e l’impronta ambientale”.
Il lavoro degli studiosi si sta ora concentrando sul frumento duro, il progenitore da cui poi si è evoluto quello tenero. Quest’ultimo fornisce il 95% di tutto il frumento consumato globalmente, ma fa registrare una sensibile diminuzione della biodiversità del germoplasma, sensibilmente inferiore rispetto al frumento duro, con ovvie conseguenze.
Nell’ambito del progetto scaturito da PanWheatGrain, la Cina contribuirà a finanziare il costoso sequenziamento per assemblare il “pangenoma”, cioè la sequenza globale di numerose varietà (circa 25) di frumento duro.
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