Il testimone delle criticità che hanno investito la congiuntura economica è passato in gran parte, dopo la pandemia, alle problematiche causate dall’evento bellico russo-ucraino, alle tensioni inflazionistiche su energia e materie prime e alla crescita del costo del denaro. Esse hanno innescato penalizzazioni importanti sui costi e sui mercati, con inevitabili rimbalzi sulla capacità di acquisto del consumatore e, da ultimo, sugli stessi livelli produttivi. L’impatto maggiore di tali eventi si è sviluppato in verità al loro deflagrare, nel corso del 2022, ma la debolezza dei fondamentali che ne è derivata ha continuato a impattare sul Pil, cresciuto nel 2023 solo del +0,9% in termini reali, e sul livello generale dei consumi interni e internazionali. Insomma, dopo la dimostrazione di resilienza mostrata dall’industria alimentare nazionale durante la crisi finanziaria 2008 e poi durante quella del debito sovrano dell’inizio dello scorso decennio, è emerso un effetto stagnazione che rischia di essere tutt’altro che volatile, ma strisciante e potenzialmente duraturo.
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Responsabile Ufficio Studi, Mercato e Ufficio Stampa di Federalimentare
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