L’Unione europea importa circa il 90% del proprio fabbisogno di proteine vegetali. Si tratta principalmente di soia destinata all’alimentazione animale, che viene importata soprattutto dagli Usa e dal Sud America (Brasile, Argentina, Paraguay ecc.) per circa 33 milioni di tonnellate: l’Unione europea è il secondo importatore mondiale di soia dopo la Cina. Negli ultimi anni le importazioni di soia dell’Ue sono aumentate (+3,9% a valore a gennaio-ottobre 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020) e arrivano per la maggior parte dal Brasile (fonte: Commissione Ue/ Eurostat). Come si evince dal GRAFICO sotto riportato, nel 2016/2017 la domanda di proteine vegetali nell’Ue è stata di circa 27 milioni di tonnellate di proteine grezze.
I principali Paesi europei importatori di proteine vegetali sono l’Olanda (che però ne riesporta grandi quantità), la Spagna, la Germania e l’Italia, che ne importa circa 4 milioni di tonnellate. Nel nostro Paese l’importazione di prodotti destinati all’alimentazione animale genera un deficit commerciale di circa 1,8 miliardi di euro con tendenza all’aumento. L’incidenza maggiore è rappresentata da mais (1 miliardo di euro) e soia (0,7 miliardi di euro) (fonte: ISMEA). Secondo diversi studi scientifici, la crescente coltivazione di soia, in particolare in Sud America, causa deforestazione e danni ambientali diretti e indiretti, provocando l’accumulo di gas serra. Con un nuovo regolamento presentato a novembre 2021, la Commissione europea ha disposto che i prodotti provenienti da aree disboscate dopo il 31 dicembre 2020 siano banditi dalle importazioni nell’Ue (a tal fine è stato previsto un sistema di tracciabilità che dovrebbe entrare in vigore entro il 2023). Oltre ai temi legati al disboscamento, è comunque da considerare che il trasporto con lunghissimo cabotaggio delle commodities agricole ha sempre un impatto ambientale molto alto, soprattutto per effetto delle grandi quantità di energia necessarie per affrontare viaggi di oltre 10 mila km dal campo di produzione al punto di consumo. Le cosiddette “food miles” contribuiscono fortemente al riscaldamento globale per effetto della produzione di gas serra e inquinanti generati dai mezzi di trasporto.
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Direttore Marketing & Qualità e Vice Direttore di Mercato Caab Spa, Direttore scientifico Fondazione Fico
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